"RICOMINCIARE DAI GILET GIALLI?"

27-12-2018 -

La rinegoziazione da parte del governo italiano dei numeri della manovra di bilancio con le autorità di Bruxelles e la recente rivolta in Francia dei cosiddetti “gilet gialli” – giunta ormai alla quinta settimana di proteste – sono entrambe facce della stessa medaglia.
Chi dovesse ancora pensare che l’opposizione da parte di Bruxelles alla manovra del governo gialloverde sia dettata da fattori economici e cioè dal rispetto dei parametri di Maastricht rischierebbe di non capire il contesto nel quale si è inserita anche la rivolta francese. La questione non è più economica (se mai lo è stata) ma politica. L’accettazione da parte della Commissione di una manovra come quella del governo italiano (al di là del merito dei singoli provvedimenti), impostata sul deficit di bilancio in funzione di una ripresa degli investimenti con obiettivi anticiclici, rischia di mettere l’autorità europea in una situazione imbarazzante. Dopo aver strangolato la Grecia e sottoposto a una dura cura dimagrante anche l’Italia, sarebbe paradossale se la strada imboccata dal governo grilloleghista si rivelasse più idonea a far ripartire i consumi interni di quanto non lo sia stata l’austerity propalataci come unica via d’uscita alla crisi.
L’effetto domino potrebbe essere dietro l’angolo e dopo l’Italia potrebbe toccare alla Spagna pensare a invertire la rotta, o al Belgio o, perché no?, alla stessa Francia che ha visto la sua classe media scendere in piazza esasperata dalla perdita del potere d’acquisto degli stipendi e dei salari e da una tassazione che ha raggiunto livelli impensabili (salvo che per i più ricchi).
Dunque, cosa ci può insegnare l’esperienza dei gilet gialli? Ci può senz’altro dare qualche lezione sulla Francia e sull’Italia.
Della Francia ci dice che Macron è un presidente che è stato eletto non per il suo programma (che probabilmente molti di coloro che l’hanno votato al secondo turno non hanno neppure scorso) ma in semplice opposizione a Marine Le Pen. Tuttavia avrebbe potuto dimostrarsi adeguato al ruolo, ciò che invece non è stato com’è risultato evidente dopo le concessioni che i rivoltosi sono riusciti a strappargli. Esse comporteranno una spesa che va dai 10 ai 12 miliardi di euro con lo sforamento più che certo del rapporto del 3% tra deficit e pil.
Sull’Italia ci insegna che il governo in carica sta provando a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale (al contrario del presidente francese che prometteva tagli delle tasse che poi si sono concretizzati solo per i più ricchi), costituendosi un patrimonio di credito con gli elettori che, In prima battuta, ci ha risparmiato, per ora, rivolte di piazza ma che rischia di bruciarsi in breve tempo in mancanza di risultati che siano spendibili non solo sul piano elettoralistico.



Fonte: di ANDREA BECHERUCCI