"SOCIALISTI DI DESTRA E SOCIALDEMOCRATICI DI SINISTRA"

23-10-2018 22:15 -

La scissione socialdemocratica di Saragat dell’11 gennaio 1947 fu certamente la più importante nel socialismo italiano del secondo dopoguerra. Essa segnò la fine del primato socialista nella classe lavoratrice italiana e, al di là della volontà dei protagonisti, consegnò i due tronconi del PSIUP che ne derivarono ai due schieramenti contrapposti, che allora operavano nel mondo ed in Italia: il PSI, con leader Pietro Nenni, finì per collocarsi in un soffocante Patto d’unità d’azione controllato dai comunisti, mentre il Partito Socialista dei lavoratori Italiani (PSLI) di Saragat divenne un puntello della politica centrista e moderata posta in atto dalla Democrazia Cristiana di De Gasperi e Scelba.
I due partiti, tuttavia, benché strategicamente contrapposti, conservarono entrambi, almeno nei primi tempi, delle arie “di confine” intenzionate a mantenere aperto un dialogo con i “fratelli separati” dell’altro partito.
Queste zone intermedie furono spesso molto agitate e sempre riottose ad accettare le politiche della maggioranze di PSI e PSLI, arrivando anche alla rottura con esse. Possiamo dunque affermare che se la scissione d Saragat fu la più lacerante del campo socialista, essa non fu certamente l’unica.
Il XXVI congresso del PSI (Roma, 19-22/1/1948) (1) si svolse attorno a due temi fondamentali: la costituzione, in vista delle elezioni politiche del 18 aprile 1948, del Fronte Democratico Popolare, che fu accettata dal 99,43 % dei delegati, e la scelta vera: se presentare liste uniche del Fronte o liste separate di partito. Prevalse la prima opzione col 66,8 %.
Ad opporsi era stata la minoranza “autonomista” capeggiata da Giuseppe Romita e l’estrema destra del partito (0,55 %), guidata dall’ex segretario Ivan Matteo Lombardo.
Quest’ultima corrente, lasciato il PSI nel corso di un convegno “dei socialisti indipendenti” tenuto a Milano il 7 e l’8 febbraio 1948 assieme al gruppo ruotante attorno alla rivista Europa Socialista di Ignazio Silone (2) e un gruppo di ex azionisti, guidato da Tristano Codignola (3), diede vita ad un nuovo soggetto politico: l’Unione dei Socialisti (UdS), con segretario Ivan Matteo Lombardo e vice Alberto Rollier.
Alcuni giorni dopo, il 12 febbraio 1948, l’UdS concluse un accordo con il PSLI (4) per la presentazione in comune di un cartello elettorale che prese il nome di Unità Socialista, con simbolo il sole nascente.
I risultati furono disastrosi per il Fronte e, al suo interno, per i candidati socialisti (5), penalizzati dalla migliore organizzazione comunista nella attribuzione delle preferenze.
Unità Socialista raccolse il 7,1 % alla Camera e mandò in Parlamento 33 deputati e 8 senatori, più altri 12 di diritto, ad essa vicini.
Tutto ciò causò un forte fermento nell’ala autonomista del PSI guidata da Romita, la quale chiese non solo la rottura del Fronte, ma anche quella del Patto d’unità d’azione e, inoltre, una politica di riavvicinamento col PSLI e di allineamento al Comisco (6).
Anche il congresso del giugno successivo comportò una piccola rivoluzione interna, che consegnò la guida del partito ad una corrente centrista (7), la quale liquidò il Fronte Popolare, cercando però di salvaguardare la politica unitaria.
La nuova destra “autonomista unificata” di Romita ottenne comunque un buon 26,50 %, si dotò di un proprio organo, Panorama Socialista (8), e il 29 ottobre 1948 inviò una lettera, firmata anche da 25 parlamentari, a PSI, UdS e PSLI con cui auspicava una riunificazione delle forze socialiste. L’iniziativa però non ebbe fortuna e lo stesso Romita, in seguito ad una sua intervista, fu deferito ai probiviri e sospeso per sei mesi. Si apriva così la strada per una nuova scissione, mentre una pattuglia dell’UdS, capeggiata da Ivan Matteo Lombardo, lasciò il movimento e aderì direttamente al PSLI, andandosi a collocare nella sua ala destra. La guida dell’UdS passò a Ignazio Silone.
Anche nel PSLI, a sua volta diviso in tre correnti, ci furono importanti movimenti, in seguito alla posizione da assumere relativamente all’adesione dell’Italia al Patto Atlantico. La Direzione , con otto voti contro sette, si pronunciò contro le alleanze militari, provocando con ciò le dimissioni del segretario, il “destro” Alberto Simonini, e l’elezione al suo posto del “sinistro” Ugo Guido Mondolfo. Ma il gruppo parlamentare, lasciato libero, al momento del voto si spaccò: 11 deputati si astennero, uno (Piero Calamandrei dell’UdS) votò contro e gli altri, fra cui Saragat, a favore. Dei nove senatori, tre si astennero e gli altri votarono a favore.
Il nuovo congresso del PSI, apertosi a Firenze l’11 maggio 1949 segnò la riconquista di misura (50,06 %) del partito da parte della sinistra (9), che elesse una direzione monocolore. Questi risultati comportarono l’uscita dal PSI degli autonomisti romitiani (10), che lanciarono un appello per una Costituente Socialista e costituirono un Comitato provvisorio degli autonomisti del PSI, che poi si organizzò in MSA (Movimento Socialista Autonomo).
Il MSA di Romita, d’intesa con l’UdS di Silone, lanciò un appello al PSLI per una riunificazione dei tre tronconi, fortemente voluta dal Comisco, che però incontrò resistenze nell’aria del centro-destra del partito di Saragat, nel frattempo ridiventata maggioritaria nel partito, con Mondolfo dimissionario dalla segreteria e sostituito da un triumvirato del centro-destra (11) interno.
La vittoria del centro-destra socialdemocratico fu poi sanzionata dal congresso di Roma del giugno 1949 (12).
Si venne così a creare uno spappolamento del socialismo italiano, diviso tra un PSI dominato dalla sua sinistra interna, strettamente legato al PCI, un PSLI, governato dalla sua destra interna, ormai inserita nella logica centrista della DC, e un’aria intermedia (destra socialista e sinistra socialdemocratica) completamente emarginata e senza reale influenza, seppure appoggiata dal Comisco.
In questo quadro, almeno per il momento, naufragò il progetto di riunificazione, sia generale che con il solo PSLI e prese invece corpo quello della costituzione di un terzo partito socialista, collocato tra PSI e PSLI, contrario ad ogni subordinazione sia alla strategia comunista, che a quella democristiana.
Si arrivò così al congresso di unificazione tra tutte le forze intermedie, tenuto a Firenze dal 4 all’8 dicembre 1949, che si concluse con la nascita del Partito Socialista Unitario (PSU), nato dalla fusione tra MSA di Romita, UdS di Silone e sinistra socialdemocratica di Mondolfo (13).
Nello stesso periodo confluì nel PSI il Partito Socialista Sardo d’Azione, guidato da Emilio Lussu.
Il 20 settembre 1950, in seguito alle dimissioni di Mondolfo, per ragioni di salute, segretario del PSU fu eletto Ignazio Silone, mentre all’interno di questo partito prendeva vistosamente corpo una spaccatura tra coloro che erano propensi a mantenere l’autonomia organizzativa del partito e i fautori della fusione col PSLI (Romita).
A decidere fu il secondo congresso del PSU (Torino, 27-29/1/1951), in cui intanto era confluito un nuovo gruppetto della destra socialista (14), che assegnò la vittoria, di stretta misura, alla corrente romitiana, favorevole all’unificazione col PSLI (15).
Il 1° maggio 1951 la fusione tra PSU e PSLI, con la benedizione del Comisco, era cosa fatta. Il nuovo partito assunse la denominazione di Partito Socialista-Sezione Italiana dell’Internazionale Socialista (PS-SIIS) e fu affidato a una diarchia di due segretari: Giuseppe Romita e Giuseppe Saragat.
L’11 maggio 1951 l’ultimo esponente della destra socialista, Giancarlo Matteotti, lasciò il PSI per approdare nel PS-SIIS.
Il congresso di Bologna del PS-SIIS del 3-6/1/1952 ratificò l’avvenuta fusione e stabilì la nuova e definitiva denominazione: PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano).
Quando, alla viglia delle elezioni politiche del 1953, la maggioranza del PSDI, capovolgendo le precedenti decisioni, decise di appoggiare la nuova legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza, poi definita, pare da Calamandrei, legge truffa, la sinistra socialdemocratica, guidata da Tristano Codignola, ruppe col PSDI e costituì (1-2-1953) il Movimento di Autonomia Socialista, che successivamente, unendosi ad un gruppo della sinistra repubblicana, diede vita ad Unità Popolare, un movimento che strenuamene si battè per non fare scattare il meccanismo della legge elettorale.
Intanto nell’area PSI si intravvedevano gli ultimi guizzi della destra socialista, ormai ridotta a pochi militanti (16).
L’orgia delle scissioni, come Nenni la definì, sembrava non dovesse avere mai fine…(17)

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(1) Segretario del partito sarà eletto Lelio Basso, direttore dell’Avanti! sarà Pietro Nenni.
(2) Ignazio Silone dirigeva la rivista dal marzo 1946. Al momento della scissione di Saragat, egli aveva aderto al gruppo parlamentare del PSLI (52 parlamentari dei 115 del PSIUP eletti all’Assemblea Costituente), presieduto da G.E.Modigliani, ma non al partito di Saragat.
(3) Quando (ottobre i947) il Partito D’Azione (che già aveva subito la scissione della sua ala repubblicana, guidata da Ugo La Malfa) decise di confluire nel PSI, Tristano Codignola non aveva seguito la decisione della magglioranza, ma aveva costituito un proprio raggruppamento autonomo, il Movimento d’Azione Socialista Giustizia e libertà, cui aderirono anche Piero Calamandrei, Aldo Garosci e Paolo Vittorelli. L’’8-2-1948 il movimento si fuse con i socialisti “di destra” di Ivan Matteo Lombardo e con gli autonomisti di Ignazio Silone, dando vita all’UdS.
(4) Il PSLI era entrato nel governo De Gasperi (DC) nel dicembre 1947, provocando con cioò l’uscita dal partito di alcuni socialdemocratici di sinistra, fra cui Virgilio Dagnino e la maggioranza della Federazione Giovanile, fra cui il futuro storico del socialismo Gaetano Arfè, poi rientrati nel PSI. Un altro gruppo di giovani socialisti costituì, invece, il Movimento Socialista di Unità Proletaria, che successivamente costituirà un nucleo italiano della IV Internazionale trotskista. In seguito lascerà il PSLI anche un altro socialdemocratico di sinistra,: Lucio Libertini.
(5) 46 deputati del PSI sui 183 eletti dal Fronte.
(6) Il Comitato della Conferenza Internazionale Socialista (Comisco) era stato costituito nel novembre 1946, nella prospettiva di ricostituire l’Internazionale Socialista. Il Comisco, nel marzo 1949, escluse il PSI per la sua politica frontista, ammettendo al suo posto, in rappresentanza del socialismo italiano, Unità Socialista (UdS-PSLI).
(7) Segretario divenne Alberto Jacometti, con vice Giancarlo Matteotti e direttore dell’Avanti! Riccardo Lombardi.
(8) Anche la minoranza di sinistra, guidata da Nenni, fondò una propria rivista, destinata a diventare in seguito l’organo ideologico del partito: Mondo Operaio.
(9) Segretario sarà eletto Pietro Nenni, con vice Rodolfo Morandi, direttore dell’Avanti! di Roma Sandro Pertini e di quello di Milano Guido Mazzali.
(10) Tra di essi numerosi i sindacalisti socialisti della CGIL, capeggiati da Italo Viglianesi.
(11) Carlo Andreoni, Pietro Battara e Edgardo Lami-Starnuti. La destra socialdemocratica, ormai votata alla collaborazione governativa centrista, temeva che, dopo ‘eventuale fusione, una convergenza tra MSA, UdS e sinistra socialdemocratica di Mondolfo, potesse rimetterla in minoranza all’interno di un partito unificato e mettere quindi in forse la partecipazione governativa.
(12) Segretario fu eletto Ludovico D’Aragona, con vice Alberto Simonini, affiancati da un Esecutivo, di cui faceva parte Giuseppe Saragat.
(13) Segretario fu eletto Ugo Guido Mondolfo, con vice Matteo Matteotti, Tristano Codignola e Italo Viglianesi. Facevano parte della Direzione grossi nomi del socialismo italiano come Giuseppe Faravelli, Aldo Garosci, Ignazio Silone, Giuliano Vassalli, Paolo Vittorelli, Mario Zagari, Ezio Vigorelli, Giuseppe Romita.
(14) Lupis, Cristalli, Musotto.
(15) Nuovo segretario fu eletto Giuseppe Romita. Nella direzione: per la maggioranza fusionista Guseppe Lupis, Mario Tanassi e Flavio Orlandi, perla minoranza contraria M. Matteotti, Silone, U.G. Mondolfo, Faravelli, Codignola, Bonfantini e Zagari.
(16) Pera, Garretto, Belletti, Volpato.
(17) Si può vedere, sulle future scissioni e fusioni, di Ferdinando Leonzio, La diaspora del socialismo italiano, ZeroBook 2017 (edizione e-book).


Fonte: di FERDINANDO LEONZIO