"CATTIVI PENSIERI"

25-07-2018 -

Nel cosiddetto contratto fra M5S e Lega ci sono alcuni punti che creano apprensione e che sono stati poco valutati dalla stampa: si tratta del punto 20 (Riforme istituzionali, autonomia e democrazia diretta) e del punto 26 (Tagli dei costi della politica, dei costi delle istituzioni e delle pensioni d´oro). In questi due paragrafi, se applicati alla lettera, si scriverebbe la parola fine sulla democrazia parlamentare. Il brillante articolo di Michele Ainis su "La Repubblica" del 17 giugno mostra la contraddizione presente nella definizione di Ministero per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Non è questo l´argomento principale, anche se è un indizio da non sottovalutare.
Il tentativo di modificare il ruolo del parlamentare, che adesso è senza vincolo di mandato, con il vincolo di mandato è teso a mutare la funzione di parlamentare le cui origini si trovano nella Costituzione Francese del 1791. Con questa operazione si riduce il Parlamento ad un "votificio", i parlamentari sono equiparati a dipendenti di un gruppo parlamentare o di un partito. Si nega al parlamentare il libero arbitrio e la responsabilità diretta verso gli elettori pietre angolari di ogni democrazia rappresentativa. La scusa adottata per un simile provvedimento è che si vuole eliminare la triste vicenda del trasformismo, in realtà si vuole commissariare il Parlamento. Il fatto che sia adottato da Portogallo, Panama, Bangladesh, India, Italia, durante il fascismo, e nei paesi del socialismo reale la dice lunga sulla democraticità ti tale istituto.
Ma il diapason si raggiunge nel punto 26. Il nesso che lega il taglio delle pensioni d´oro con i tagli ai costi della politica e delle istituzioni parrebbe senza alcun nesso logico. In realtà si cerca di inculcare l´idea che si combatte una battaglia contro i "privilegi", parola cara all´On. Di Maio, che non sempre ha idee in sintonia con la nostra Costituzione e più in generale su cosa sia uno stato di diritto,
Soprattutto questo continuo richiamo ai costi della politica e delle istituzioni inquieta. Fa venire alla mente il primo colpo di stato contro la democrazia che si perpetrò ad Atene nel 411 a.c. Quando gli aristocratici, di fronte ad una popolazione oramai sfiancata, si impossessarono del potere attraverso un sistema soft, rassicurante, che prospettava una falsa continuità con il passato, e con una sola parola d´ordine: la democrazia costa troppo. Servì a coprire le vere intenzioni degli oligarchi: impossessarsi del potere. (Come ci racconta magistralmente C. Bearzot in Come si abbatte una democrazia, Laterza, Roma, 2013).
Bisogna essere ingenui a non sapere che troppi e gravi sono stati gli abusi delle rappresentanze istituzionali. Una cosa è migliorare un sistema e renderlo sempre più trasparente, una cosa è fare di ogni erba un fascio ed introdurre, subdolamente, modifiche che restringono gli spazi democratici.
È una preoccupazione eccessiva?



Fonte: di ENNO GHIANDELLI