"POLITICA E MIGRAZIONE"

25-06-2018 -

Il fenomeno dell´immigrazione, dei flussi migratori, fa a pieno titolo parte della storia dell´uomo, da sempre. Rispetto al passato, oggi il fenomeno presenta ben altre caratteristiche e richiede ben altre risposte. A cosa si lega oggi "la grande fuga per la sopravvivenza" di milioni e milioni di persone del Terzo e Quarto Mondo, il notissimo pianeta dei naufraghi? Domanda irriverente, poco rispettosa dello status quo. Si può tentare di rispondere così: "la grande fuga di massa per la sopravvivenza", si lega al neocolonialismo liberista, globalista delle multinazionali che in cambio dello sfruttamento dei pozzi di petrolio, hanno indotto in quei paesi non già lavoro e benessere, ma fame e miseria fino alle guerre preventive per esportarvi la democrazia.
È stato, ed è ancora, con l´opera delle multinazionali che "li abbiamo aiutati a casa loro", lontani dal nostro sguardo. E non ci si può meravigliare né stupire, fino a paventare il rischio di ´Hannibal ad portas´, delle prese di posizione del ministro dell´Interno, il leghista Matteo Salvini, sull´Aquarius o altra nave delle Ogn, che con molta più rozzezza e arroganza, sta proseguendo su una linea culturale e politica tracciata dai governi precedenti (il centro-sinistra del piddino Paolo Gentiloni) all´inedito governo gialloverde di Giuseppe Conte: spostiamo i confini oltre il Mediterraneo, purché i disperati del pianeta stiano lontani, fuori dal nostro sguardo.
È di fronte a questo drammatico, disumano fenomeno che si avverte in tutta la sua gravità l´assenza e non da oggi di una linea, di un orientamento culturale e politico in Italia e in Europa della sinistra che annaspa e fatica a inseguire, a star dietro, alle forze populiste di destra - e non esplicitamente di destra - che soffiano sul fuoco dell´odio e del disprezzo contro "i barbari" invasori, i migranti.
Già nel 1994, in un saggio scritto per la rivista spagnola ´El Socialismo del futuro´ Norberto Bobbio aveva fatto del fenomeno dell´immigrazione, con le connesse recrudescenze xenofobe e razziste, la questione prioritaria della sinistra che vedeva "incerta e mal preparata" sulla soluzione da prendere ma dalla cui risposta sarebbe dipeso il suo futuro e del socialismo stesso.
"Mi riferisco – scriveva Bobbio - al problema dell´emigrazione, problema nuovo in senso assoluto, perché storicamente il flusso emigratorio si è mosso da paesi sovrappopolati verso paesi poco popolati o addirittura spopolati. Oggi avviene il contrario. I paesi verso cui muove il flusso migratorio dal Terzo Mondo, cui si aggiungono masse povere dei paesi ex comunisti, sono fra i più popolati del globo. Di qua sorgono problemi gravissimi cui i governi dei paesi di nuova immigrazione debbono far fronte".
E così proseguiva: "indipendentemente dal dibattito sul razzismo, cioè dalla maggiore o minore frequenza di atteggiamenti xenofobi nei diversi paesi, sta di fatto che il contatto improvviso, impreveduto, di individui appartenenti a diverse tradizioni culturali, specie poi quando ´i diversi´ alimentano una concorrenza nel mercato del lavoro, genera inevitabilmente conflitti etnici, che si aggiungono a tutti gli altri conflitti da cui ogni società è lacerata. Esiste una soluzione del problema che possa considerarsi di sinistra? Le soluzioni estreme sono, com´è noto, o l´assimilazione o il riconoscimento e conseguente regolamentazione di una società multiculturale. Quale delle due soluzioni può dirsi di sinistra?".
Assimilazione, ossia non riconoscimento (della diversità), oppure riconoscimento, pertanto nessuna tentazione di assimilazione? Non ci sono dubbi: riconoscimento di un essere umano ´uguale´ per la nascita ma ´diverso´ per cultura, pensiero, lingua, colore della pelle e degli occhi, e con conseguente regolamentazione di una società multiculturale.
Bobbio legava strettamente "il futuro del socialismo" al modo con cui la sinistra in Italia e in Europa saprà affrontare la grande questione dell´immigrazione e le connesse recrudescenze xenofobe e razziste.
"Ciò di cui non ho mai dubitato – concludeva - è della esistenza e della permanenza della ´grande divisione´, nonostante sia in quest´ultimi tempi, quasi sempre banalmente, contestata. La ´grande divisione´ è tanto più evidente oggi che si allunga il nostro sguardo al di là dei nostri paesi economicamente avanzati, e si osserva quello che accade nel Terzo e nel Quarto Mondo, in quello che è stato chiamato il ´pianeta dei naufraghi´. Non ne ho mai dubitato, perché non è mai tramontata la stella polare cui ha sempre guardato e continuerà a guardare il popolo di sinistra per trovare la propria rotta in tutte le tempeste della storia: l´ideale dell´eguaglianza. La grande sfida cui oggi si trova di fronte il socialismo in tutto il mondo è la vittoria del mercato. Ma il mercato, nel momento stesso in cui libera immense energie, crea enormi e intollerabili disuguaglianze. Pertanto la vittoria del mercato non solo non rappresenta la fine della sinistra (e tanto meno la fine della storia), ma ricrea continuamente le condizioni per la sua perpetuazione".
La stella polare resta, dunque, l´uguaglianza. Ma sull´immigrazione ci vuole a sinistra un salto di qualità nelle politiche da seguire smettendola con la sicurezza che toglierebbe la paura: basterebbe scegliere tra missionario e rivoluzionario.
Il primo dedito alla carità francescana assiste i disperati del mondo per far loro accettare meglio la schiavitù, quella delle fameliche multinazionali; il secondo dedito al cambiamento li sprona, li porta a ribellarsi al neocolonialismo e li supporta a organizzarsi per rompere le catene della schiavitù.
Eppoi, non lo si deve dimenticare, il nostro è un Paese di immigrazione per cui bisognerebbe smetterla, quando si parla di immigrazione, di parlare quasi esclusivamente di rifugiati e clandestini: è una visione che fa il gioco alla destra populista e ignora la realtà dei fatti, e cioè che i richiedenti asilo e irregolari rappresentano solo una porzione minima della popolazione straniera in Italia.
Ed è un paese che vive sull´immigrazione: secondo un recente studio di Bankitalia, senza l´apporto dei cittadini stranieri, tra vent´anni il 40% della popolazione si dovrà fare carico del restante 60%. Già adesso l´economia nazionale non potrebbe funzionare senza i due milioni e mezzo di lavoratori e le circa 600.000 imprese gestite da stranieri: senza l´apporto degli immigrati il pil pro capite sarebbe sceso negli anni della crisi del 7,4 e non, come accaduto, del 4,8%. Questo significa che, senza immigrati, oggi tutti gli italiani sarebbero più poveri.


Fonte: di CARLO PATRIGNANI