RIEN VA - CUI PRODEST?

24-04-2024 -

Il mondo è spaccato in due dove le parti si contendono alleati e dove trionfa la polarizzazione. Putin, invadendo l'Ucraina, ha accusato la Nato di essersi "allargata troppo". Questo ha messo in moto una serie di eventi molto significativi (il riarmo dei Paesi della Nato e della Germania in particolare, l'ingresso di Svezia e Finlandia nell'alleanza atlantica, l'esercitazione Nato, in corso, Steadfast Defender 2024, la più imponente dalla fine della Guerra Fredda) e dei "déja vu" che ci hanno fatto ripiombare nel passato. Dalle minacce incrociate: quelle nucleari (un documento del Financial Times ha svelato che l'autocrate russo sarebbe pronto a premere il tasto verde per molto meno di quel che pensavamo) e quelle di un'operazione “Boots on the ground” agitata dal capo del Pentagono Lloyd Austin per rimettere in moto gli aiuti per l'Ucraina. Il capo del Pentagono ha scatenato l’allarme dicendo: “Se l'Ucraina perde la guerra, i paesi Nato dovranno combattere contro la Russia”. Ma se gli Stati Uniti non danno più armi all’Ucraina, tutta l’Europa verrà coinvolta in una guerra non voluta dagli europei. In questo caso emergerebbero tutte le responsabilità politiche degli Stati Uniti verso il vecchio continente. Sarebbe una scelta folle in cui gli Usa perderebbero un importante alleato, l’Ue, nel gioco in cui vorrebbero continuare a dominare il proscenio della geopolitica. Così non sarà perchè, in questi giorni, il Congresso degli Stati Uniti, dopo un lungo stop, ha deciso di finanziare il riarmo dell’Ucraina, di Israele e di Taiwan.

Ci sono poi i numerosi arresti di spie nelle ambasciate di mezza Europa spiccati negli ultimi due anni, il recente raduno a Mosca delle diverse fazioni palestinesi o le svariate conferenze e organizzazioni internazionali come i Brics per promuovere il messaggio del “mondo multipolare giusto”. Sembra di vivere una riedizione della Guerra Fredda che però sta diventando sempre più calda. Da una parte l’occidente e dall’altra parte il Resto del Mondo con il Cremlino tornato prepotentemente sulla scena, che ha dimostrato di poter influenzare anche la politica degli (storici) avversari. Una suggestione: la vittoria di Trump e un possibile ritiro degli Stati Uniti dalla Nato verrebbe letta dagli analisti europei come la più grande vittoria strategica della Russia dai tempi della Guerra Fredda.

Negli ultimi mesi è tornato imperiosamente lo spettro del 1962, cioè della crisi dei missili a Cuba. Allora il mondo sembrò andare verso il precipizio, ma alla fine prevalse la forza della ragione delle due “K” (Kennedy e Krusciov) a capo delle due principali potenze di un mondo diviso con gli accordi di Yalta.

Oggi l'ansia da disastro nucleare preoccupa sempre di più. Nei due schieramenti (formati senza nessun accordo) si è perso il senso della ragione. Putin minaccia: “Se inviate truppe in Ucraina rischiate una guerra nucleare”. Questo il senso delle parole con cui Putin ha fatto le due ore di discorso alla nazione rivolgendosi ai membri della NATO, agli Stati Uniti ma anche, e soprattutto, a un nuovo soggetto politico che non esisteva durante la guerra fredda: l'Unione Europea. Ha parlato di conseguenze “tragiche” per le nazioni che decidessero di inviare contingenti militari. Certo, il 15 e il 17 marzo in Russia si è votato e quel discorso fatto prima delle elezioni mirava ad una propaganda più concentrata del solito, anche perché, come sappiamo, ha un suo peso anche l’assassinio del capo dell’opposizione, Navalny.

Quando è cominciata l'invasione dell'Ucraina sono tornati in auge gli strumenti interpretativi della Guerra Fredda: sovietologi, dichiarazioni ufficiali, diplomazia. Insomma, un insieme di pezzi di un puzzle che spesso, anche in passato, è risultato indecifrabile (autorevolissimi studiosi non avrebbero scommesso un centesimo sul crollo del muro di Berlino, sottovalutando l’impegno del Papa polacco).

Max Bergmann del Center for Strategic and International Studies in un'intervista a Marco Bardazzi riportata nel libro “Rapsodia americana” (novembre 2023) afferma: “Quando si tratta di mandare segnali che non inducano a pensare a un'escalation, gli Usa e la Russia parlano la stessa lingua, hanno esperienza in questo tipo di diplomazia a distanza che ha caratterizzato l'intera Guerra Fredda. E Biden è un uomo del XX secolo, conosce questo gioco”.

Ci sono linee rosse da non oltrepassare e segnali che i rispettivi centri di analisi monitorano costantemente. Dalla proliferazione delle armi nucleari alla corsa per l'innovazione spaziale e in Antartide. L'osservazione dei fondali marini e la trasparenza sui movimenti di navi, aerei e truppe. Soprattutto in un mondo in cui le economie sono molto più intrecciate di prima.

La polarizzazione c'è ma i blocchi non sono così omogenei. L'ISPI a fine 2023 ha chiesto a oltre 250 esperti italiani di fare un bilancio degli avvenimenti internazionali dell'anno concluso e di quelli che verranno nel 2024. Una maggioranza assoluta di analisti (57%) pensa che i rapporti tra l’Occidente e i paesi del “Global South” evolveranno in una sfida tra due blocchi contrapposti. Uno scenario, tuttavia, ancora lontano dalla “vecchia” Guerra Fredda del Ventesimo secolo, in cui a scontrarsi erano ideologie molto precise e blocchi relativamente omogenei, ma in cui si prevede che tra i paesi del Sud globale prevarrà una convergenza di interessi anziché forze centrifughe. Invece, le forze centrifughe, secondo quasi 3 esperti su 10, avranno la meglio, portando a uno sgretolamento di qualsiasi tentativo di formare un fronte del Sud globale. Infatti, se guardiamo il Brics notiamo importanti divergenze di interessi tra l’India e la Cina. Ma anche tra i paesi della Nato la Turchia ha una posizione divergente sulla questione del Medio Oriente.

Non si vede nemmeno la possibilità di intraprendere un discorso di autocritica tra le parti in campo contrariamente a quanto si legge nel libro Rien va di Tommaso Landolfi, che fa un’autoanalisi interiore riguardo alla propria persona, scegliendo la via della provocazione, rovesciando bruscamente i termini del gioco. Il libro pubblicato nel 1963, è un diario del periodo ’58-60 che si inoltra nell’intimo e non cela paure e ossessioni, dal denaro al tappeto verde alla scrittura stessa. Al centro, del libro c’è una sorpresa che è anch’essa un brusco rovesciamento rispetto alla vita precedente di Landolfi: la nascita di una bambina, con lo stupore e l’euforia che l’accompagnano. Così questo zibaldone di pensieri, spesso taglienti e sconcertanti, si presenta come l’unico squarcio capricciosamente concesso dall’autore sulla propria esistenza più nascosta. “La letteratura non è vita” scrive Landolfi in Rien va. Ma nulla più di un libro come questo vale a smentirlo.

Il “Rien va” del mondo di oggi, contrariamente al libro di Tommaso Landolfi, si specchia nell’incapacità di un’autocritica costruttiva: è immerso negli egoismi di parte, nell’odio tra i popoli e non si interroga nemmeno sul destino dell’Umanità rimasta smarrita, privata dei valori più belli, dove, la guerra non è vita, ma solo distruzione e morte.

Tuttavia, auspichiamo, come nel libro di Landolfi, qualche sorprendente evento che porti ad una rinascita dell’umanità e ad un rovesciamento delle assurde logiche di potere dominante. In tal senso, il lavoro umile e perseverante degli uomini di buona volontà, è di fondamentale importanza: la Pace in primis.






Fonte: di Salvatore Rondello