"L’Europa di Schäuble e quella di Delors"

22-01-2024 -

La fine del 2023 ha visto la scomparsa di due personaggi di primo piano della recente storia europea. Il 26 dicembre è morto a Offenburg Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze della Germania dal 2009 al 2017 con Angela Merkel a capo del governo. Lo ha seguito il 27 a Parigi Jacques Delors, presidente della Commissione dell’UE dal 1985 al 1995.

Se pure entrambi abbiano lasciato un segno profondo i due non avrebbero potuto essere più diversi. Laureato in legge, di fede luterana, fin dal 1965 militante nella CDU/CSU, stretto collaboratore di Helmut Kohl, impegnato nei negoziati per la riunificazione, Schäuble ha conosciuto il suo periodo di maggior gloria nel momento in cui Kohl è stato costretto alle dimissioni in seguito allo scandalo dei fondi neri elargiti alla CDU. Con l’avvento al potere di Angela Merkel è iniziata la sua ascesa al potere, pur senza raggiungere i vertici come il Cancellierato o la Presidenza. La sua notorietà è dovuta, soprattutto, alla lunghissima permanenza sulla poltrona di ministro delle Finanze e dalla proiezione del suo impegno governativo a livello dell’Unione europea.

Alessandro Somma lo ha indicato come «il fautore più ottuso dell’estremismo austeritario tedesco» il cui scopo ultimo sarebbe stato quello di asservire l’Unione europea alla volontà di dominio della Germania. Senza voler aderire acriticamente a tale definizione, è comunque vero che molti commentatori ne hanno criticato l’orientamento teso a fissare le condizioni per un’Europa ‘a due velocità’ allo scopo di condizionare le politiche di bilancio dei paesi meno ‘rigoristi’. La Germania aveva la necessità di garantire la propria sicurezza in Europa soprattutto dopo la caduta del blocco sovietico. Per questo Schäuble invocava una riforma delle basi legislative dell’UE. D’altra parte per garantirsi sul fronte orientale sembrava vantaggioso che la Germania appoggiasse le richieste di adesione all’UE dei paesi dell’Est. Ciò avrebbe dovuto servire anche a diluire il peso delle richieste di chi non voleva nei paesi dell’Europa meridionale che il processo d’integrazione andasse modellandosi secondo la teoria economica neoliberista. Ecco il perché della richiesta, da parte di Schäuble, dell’unione su base differenziata in modo da poter costituire un ‘nucleo duro’ di paesi su cui poter contare per opporsi alle derive di un’Unione più lasca nel rigore dei conti.

Tutt’altra storia quella di Jacques Delors. Socialista e cattolico, matura il suo impegno culturale e politico all’ombra delle teorie personaliste che avevano conosciuto le loro fortune nella Francia degli anni Trenta. La sua non è la vita di un uomo politico di primo piano a livello nazionale. Il suo unico impegno di rilievo nel governo francese lo ha dal 1981 al 1984 come ministro dell’Economia e delle Finanze nei tre governi presieduti da Pierre Mauroy sotto la presidenza Mitterrand. Si iscrive al Partito Socialista Unificato nel 1974 ma è con François Mitterrand che la sua carriera prende il volo. È uno dei co-estensori del programma elettorale di Mitterrand per le presidenziali del 1981. Come detto, dal 1981 al 1984 ha la responsabilità del dicastero dell’Economia.

La sua fama è però legata alla sua permanenza decennale alla presidenza della Commissione europea. In questo ruolo sarà decisivo nella soluzione di numerosi problemi che si affacciavano all’orizzonte. Ovviamente non è questa la sede per prendere in esame l’attività di Delors alla Commissione. È difficile anche ridurre in pillole il pensiero di Delors sull’Europa, un pensiero ricco, sfaccettato, profondo e, al tempo stesso, facilmente fruibile anche da un osservatore poco esperto. Il suo collaboratore Pascal Lamy ha scritto che, pur considerando le circostanze favorevoli del suo operato, «la rinascita dell’avventura europea di cui i numerosi commenti successivi alla sua morte attribuiscono il merito a Jacques Delors deve molto anche all’uomo stesso e alla sua visione dell’integrazione europea».

Nato nel 1925, aveva vent’anni alla fine della Seconda guerra mondiale e, come tutti gli uomini e le donne della sua generazione, aveva introiettato il senso del tragico indotto dalla drammaticità del conflitto e dalle sue conseguenze economiche e morali. La sua particolare formazione culturale (era uno dei pochi socialisti francesi credenti) gli consentiva di abbracciare elementi presenti nell’una e nell’altra tradizione il che si traduceva anche in un approccio articolato all’economia. Convinto sostenitore del dialogo tra le parti sociali, lo aveva rilanciato a livello europeo raccogliendo la sfida di rilanciare la produttività per aumentare il benessere. Allo stesso tempo, come presidente della Commissione ha mostrato grande rispetto per il Consiglio dei ministri ma soprattutto per il Parlamento europeo – di cui era stato membro dal 1979 al 1981 – che ha considerato sempre un interlocutore necessario e di grande valore nel dialogo inter istituzionale.

Altre saranno, in futuro, le sedi deputate a valutare scientificamente l’impatto di queste due figure nel processo d’integrazione europea. Oggi possiamo solo dire che una fase storica si è chiusa e che un’altra avrà il compito di sviluppare il pensiero e le intuizioni di questi uomini.





Fonte: di Andrea Becherucci