"LA LUNGA MARCIA DEL POPULISMO EUROPEO"

26-10-2017 -

E´ proprio vero che non bisogna mai vendere la pelle dell´orso prima di averlo ammazzato (chiedo scuso agli adepti del fondamentalismo animalista). L´orso in questione è il populismo europeo, quello vero, cioè quello di destra, fortemente conservatore, sovranista nel senso nazionalista del termine ed esplicitamente xenofobo. Dopo le elezioni olandesi del marzo di quest´anno e ancor più dopo quelle francesi di maggio e giugno, prima presidenziali poi legislative, si erano diffuse alcune illusioni, spesso alimentate da una lettura superficiale quando non tendenziosa dei risultati. In Olanda il Partito per la Libertà, che è il partito della destra populista, pur crescendo in voti e seggi non aveva vinto come era nelle previsioni di gran parte dei sondaggi. In Francia Marine Le Pen era stata sconfitta al ballottaggio, con un risultato inferiore alle aspettative dei sostenitori ed ai timori degli avversari. Successivamente, nelle elezioni legislative, era scattato l´effetto Macron ed il partito-movimento del giovane neo-Presidente aveva fatto il pieno dei voti. Il Front National aveva subito un pesante arretramento ed era riuscito ad eleggere solo un pugno di deputati anche perché fortemente penalizzato dal sistema elettorale a doppio turno di collegio. Inoltre, nelle elezioni nel Regno Unito di inizio giugno, l´UKIP, che è il partito indipendentista anti-europeo ed anti-migranti, aveva perso l´unico seggio alla Camera dei Comuni, conquistato nelle precedenti elezioni del 2015.
Questi andamenti avevano indotto alcuni commentatori a ritenere esaurita, o almeno fortemente ridimensionata, la spinta propulsiva del populismo europeo, che poteva ancora costituire un pericolo, ma non più così grave perché ormai circoscritto solo a nazioni che, prima del 1989, facevano parte del blocco sovietico (Polonia, Slovacchia, Ungheria). La nuova frontiera era invece quella rappresentata dal giovanilismo macroniano, né di destra né di sinistra, che, chissà in virtù di quale magia, avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi. Non molto tempo è passato ed i nostri media mainstream parlano ben poco di Macron e delle sue politiche, almeno da quando si è appreso che, dopo l´iniziale luna di miele, la sua popolarità cominciava a risultare in grave calo presso molti francesi. Sono invece recentemente esplose due bombe che hanno determinato rinnovate gravi apprensioni: in Germania contestualmente alle gravi sconfitte dei due storici partiti di governo, la CDU-CSU e la SPD, si è registrato il successo di AFD (Alternativa per la Germania) mentre in Austria i popolari hanno sì vinto, ma abbandonando la loro tradizionale posizione centrista e moderata per virare in direzione della destra estrema, rappresentata dai liberali-nazionali che sono comunque cresciuti e di parecchio. E´ positivo che, diversamente da quanto accaduto in Francia e Germania, i socialdemocratici abbiano mantenuto voti e seggi, però sono passati dall´essere il primo partito al secondo posto dopo i popolari e con un modesto vantaggio rispetto ai liberali-nazionali.
Di conseguenza, mentre in Germania la Merkel è impegnata in una difficile trattativa per dar vita ad un governo con verdi e liberali, due partiti assai diversi e lontani fra loro su molti temi, per l´Austria è possibile la formazione di un governo fra popolari e liberali-nazionali, governo che più che di centro-destra sarebbe esplicitamente di destra.
Insomma, l´Europa che vede la sinistra al governo esclusivamente in Portogallo resta non solo egemonizzata dai conservatori, ma subisce un´ulteriore torsione verso destra, in direzione di quella destra estrema e intransigente che, come ho detto, qualcuno si era illuso di aver esorcizzato.
Questa grave ed inquietante situazione deve essere affrontata senza inutili demonizzazioni e retoriche declamazioni sull´Europa, i suoi valori sempiterni e le magnifiche sorti e progressive degli attuali assetti giuridici ed economici dell´UE. Certo ci sono temi epocali come l´immigrazione a dar fiato alle trombe dei nazionalisti xenofobi, ma il problema va visto per quello che è, senza chiusure egoistiche ma anche stando bene attenti al disagio delle fasce più deboli, povere e anziane delle diverse popolazioni. E´ evidente che all´origine della protesta c´è il mix fra una crisi economica e sociale difficile da negare (è inutile che il PIL cresca se non si traduce in politiche redistributive e finalizzate all´occupazione e a migliori condizioni di lavoro) e le paure, reali o amplificate, derivanti dalle dimensioni e a volte anche dalle caratteristiche dei fenomeni migratori.
Quando la disoccupazione cresce e il welfare si riduce è facile che si scateni quella che un tempo veniva definita guerra fra poveri. Che questa venga alimentata e strumentalizzata dai demagoghi reazionari non è una novità. Che i radical-chic snobbino il problema perché sgradevole e poco politicamente corretto è altrettanto normale. Che i socialisti tacciano è invece di una gravità inaudita. Purtroppo il Labour di Corbyn è lontano, molto lontano, e il continente è isolato, avvolto in brutte nebbie.


Fonte: di MAURIZIO GIANCOLA