Sicuramente è simpatico, con quella sua aria provinciale e i suoi detti, appunto, provincialistici. Con pungente cattiveria Beppe Grillo, l'aveva chiamato Gargamella. Alla bonomia aggiunge talora l'ironia e pure il coraggio perché, in verità, per guidare la fondazione di una “cosa” che si chiama Articolo 1 di coraggio ce ne vuole. In fondo di non altro si è trattato che dell'ennesimo errabondare ideologico-politico dei post comunisti; un altro sbandamento. Parliamo, ovviamente, di Pier Luigi Bersani, quello delle “lenzuolate”; del riformismo, ovviamente – eh!, il termine è d'obbligo – di un tempo non poi così lontano, diverso da quello di oggi, ma tanto identico nel senso che confuso era quello, quanto altrettanto confuso è quello presente. Solo che, allora, si pensava di governare uno Stato, oggi si tratta di dar senso a uno Stato che casca oramai da tutte le parti.
Mario Draghi ha fatto più che bene a porre la questione politica italiana come l'ha posta: nella lotta alla pandemia e a quanto ne consegue occorre operare per ridare senso e funzione allo Stato. Ha dimostrato di conoscere una verità che viene da Aristotele, ossia che la politica è quella disciplina che concerne tutto ciò che riguarda lo Stato e la società. Quindi, se vogliamo che lo Stato ci sia, occorre ci sia la politica, ma la politica non c'è: tantomeno la sinistra. I prezzi delle due mancanze sono sotto gli occhi di tutti; il Paese li sta pagando da tempo e chissà per quanto ancora dovrà pagarne.
Ma torniamo a Bersani. In una lunga intervista su “la Repubblica” del 18 u.s., ha lanciato al nuovo arrivato Enrico Letta la sola proposta di cui sembrano capaci coloro che vengono alla storia comunista: facciamo un'ennesima “cosa” nuova. Ecco le sue parole: “E' l'intero centrosinistra ad avere bisogno di darsi un'identità misurata su problemi nuovi. Se noi allarghiamo il campo di una sinistra plurale e Conte porta a maturazione i 5 Stelle, possiamo farcela. E vincere.” Risiamo ai girotondi: dopo il giro si torna al punto di prima. In buona sostanza Bersani propone di chiudere l'esperienza fallimentare del Pd per dar vita a una nuova formazione – forse un Articolo2? - e, confidando nell'operazione Conte – sì, avete capito bene - costruire un'alleanza che punti a conquistare il governo alla prossima scadenza elettorale. In altri termini fare una “cosa” lungo e dentro la logica del governismo.
La proposta si commenta da sola; sia perché non si capisce bene cosa si debba intendere per centrosinistra – un termine che, oramai, è logoro e consunto come il termine riformismo- sia perché il richiamo alla sinistra è puramente formale in quanto, senza connotazione ideologica, esso non significa niente; infine, perché deficita di ogni riferimento di natura sociale che è un fattore consustanziale quando si parla di sinistra. Si può aggiungere, anche perché confida nella tattica dell'inaffidabilità, nei 5Stelle, in via di disgregazione.
Insomma. ripartire da quanto c'è per restare, in fin dei conti, a quello che c'é. Giro, girotondo, appunto, come diceva un vecchio motivetto.
L'intervista di Bersani, se mai ce ne fosse ancora bisogno, è la controreplica della realtà: oggi nessuno sembra essere in grado di cogliere il problema nella sua portata storio-politica. Parlare di sinistra e della sua rinascita senza nemmeno accennare – solo accennare, beninteso –all'unica sostanza cui si può pensare per un' operazione del genere, vale a dire il socialismo, è roba senza senso. E' solo un mero girotondo, per di più nemmeno festoso.